Il processo di riciclo della plastica

Prima di entrare nel dettaglio dei processi di riciclaggio della plastica, occorre fare una breve classificazione delle principali tipologie di plastica esistenti che possono essere riciclate:

  • PE (polietilene): sacchetti di plastica, alcuni flaconi per detergenti e/o detersivi (verificare sempre quanto riportato sulle etichettature), componenti plastiche dei giocattoli, pellicole, imballaggi plastici;
  • PP (polipropilene): oggetti plastici per l’arredamento, contenitori per alimenti, alcuni flaconi per detersivi e/o detergenti (verificare sempre quanto riportato sulle etichettature), moquette, mobili e arredo da giardino;
  • PVC (cloruro di polivinile): vaschette per le uova, film protettivi, tubi plastici, alcune componenti di porte, finestre e serramenti;
  • PET (polietilentereftalato): bottiglie per bevande, fibre sintetiche, nastri;
  • PS (polistirene) o comunemente indicato come polistirolo: vaschette per alimenti, posate usa e getta, piatti usa e getta, bicchieri usa e getta;

Dopo la fase della raccolta differenziata, la plastica viene portata negli impianti di prima selezione e di trattamento. Qui, viene quindi separata da altri materiali e dalle impurità di ogni genere, e successivamente viene selezionata e suddivisa per tipologia di polimero (vedi le classificazioni indicate all’inizio dell’articolo). In particolare, la selezione più accurata avviene per le tipologie PET e PE, sia a bassa che ad alta densità. Altre tipologie di frazioni estranee che devono essere allontanate in questa fase sono generalmente etichette di carta, vetro e alluminio.

Come viene riciclata la plastica?

Nella fase successiva, il processo di riciclaggio può essere essenzialmente di due tipi:

  • MECCANICO: È il più comune, e si tratta di uno sminuzzamento accurato della plastica da riutilizzare. Con esso si ottengono scaglie o granuli che verranno poi utilizzati per la produzione di nuovi oggetti. Il materiale triturato è tanto migliore quanto più la plastica di partenza è omogenea. In origine, il materiale era fatto transitare su nastri trasportatori e gli addetti riconoscevano visivamente le diverse tipologie di imballaggio, effettuando quindi la selezione a mano. Oggi, questa modalità di lavorazione riguarda meno del 15% dei quantitativi processati, mentre il restante 85% è selezionato automaticamente grazie a specifici macchinari, detti detettori ottici. Questi sofisticati apparecchi sono dotati di un emettitore di onde elettromagnetiche che, colpendo il materiale che transita sul nastro trasportatore, determinano per ogni polimero una diversa lunghezza ed ampiezza delle onde riflesse. Con uno spettrometro, è quindi possibile riconoscere quale polimero stia transitando in quel preciso punto. Tramite ugelli soffiatori ad aria compressa, l’oggetto viene convogliato nella corretta direzione, per essere raggruppato con i suoi omologhi. In questo modo, l’apporto manuale viene ridotto alla sola correzione degli errori commessi dalla macchina. Superato questo settore, ogni tipologia – separatamente dalle altre – viene frantumata e triturata, sottoposta a densificazione ed infine estrusa;
  • CHIMICO. È il processo meno comune, ma già applicato a livello industriale (ad esempio l’idrolisi del PET). In contrapposizione a quanto avviene a livello chimico e molecolare durante la sintesi per la produzione della materia plastica, questo processo disgregativo ha lo scopo di spezzare i legami chimici esistenti nelle molecole base della plastica – polimeri – per ottenere le materie prime – monomeri – di partenza. Uno degli scopi primari del riciclaggio di plastica con metodi termo-chimici è quello di produrre combustibili alternativi a quelli di origine fossile, con importanti vantaggi sulla minore produzione di CO2. Il PET, le Poliammidi (PA o comunemente identificato come nylon) ed i poliuretani (PUR) sono le tipologie che si prestano meglio alla decomposizione attraverso questi processi chimici:

    • Pirolisi: scomposizione delle molecole mediante riscaldamento sotto vuoto, che porta ad ottenere una miscela di idrocarburi liquidi e gassosi simili al petrolio. La pirolisi può avvenire a bassa temperatura (450 – 550 °C) o ad alta temperatura (650 – 850 °C), ed il prodotto che si ottiene può essere miscelato al petrolio grezzo;
    • Idrogenazione: trattamento di degradazione a base di idrogeno e calore, in cui i polimeri si trasformano in idrocarburi liquidi. Le materie plastiche miste possono essere sottoposte a condizioni analoghe a quelle che subisce la virginnafta nel cracking, in modo tale da produrre i vari gas olefinici (etilene, propilene, butadiene, …); da essi si può poi ricavare nuovamente polietilene, polipropilene, PVC, gomma sintetica;
    • Gassificazione: procedimento ad alta temperatura (800 – 1600 °C), basato sul riscaldamento della plastica – in mancanza di aria – con cui si produce una miscela di idrogeno e ossido di carbonio. Tale miscela può essere poi utilizzata come combustibile nelle centrali, o per procedere con la sintesi di prodotti chimici come il metanolo;
    • ChemiolisiGlicolisi – Metanolisi – Ammonolisi: sono tutti processi di depolimerizzazione, che utilizzano particolari reagenti per innescare opportune reazioni chimiche. Questi processi non possono essere applicati indistintamente a qualsiasi categoria di plastica;

Sia nel caso di riciclaggio meccanico, sia nel caso chimico, i polimeri che permettono i migliori risultati in termini di efficienza e quindi di quantitativi di recupero sono PET, PVC e PE. In generale, eseguendo nella prima fase una suddivisione efficiente delle diverse tipologie, si ottiene materia prima da reimpiegare con caratteristiche tecniche e chimiche molto simili a quelle del prodotto originale. Nel caso del trattamento promiscuo di diversi tipi di plastica insieme, si ottiene invece plastica riciclata eterogenea, impiegata ad esempio per la produzione di panchine pubbliche ed arredo urbano, di attrezzature nei parchi giochi, di recinzioni, gazebo, tavoli e sedie in plastica, e di cartellonistica stradale.

Infine, i residui del ciclo di recupero della plastica non avviati al reimpiego, possono essere destinati alla termovalorizzazione, e quindi vengono impiegati per la produzione di energia. In alcuni casi addirittura – se sottoposti ad un apposito trattamento – possono dare origine a combustibili alternativi, utilizzabili nei forni dei cementifici e per la produzione di energia termoelettrica.